Prozac+
dal vivo 28/10/2004 Cascina (PI) Metarock Recensione, Intervista e Foto di Paola Capone (grazie!) |
PROZAC+
28 ottobre Metarock-Cascina (Pi) La serata non prometteva bene. Freddo, lampi, tuoni ed un diluvio che mi costringeva ad andare a 40 all’ora per la scalcinata statale tosco-romagnola col naso attaccato al vetro della macchina nonostante i tergicristalli a manetta. Mi perdo, abbasso il finestrino per chiedere informazioni ad un buffo indigeno (forse l’unico della zona) e questo mi costa una doccia di pioggia. Ma che vuoi che sia. Quando si arriva al Metarock tutte le fatiche vengono ripagate. Ottimi drinks, bel locale, bella energia, belle luci, poca gente ma buona. Al Metarock è sempre così. Atmosfera cordiale e sensazione di assistere sempre ad un concerto privato. E’ quasi mezzanotte, fuori c’è la tempesta e dentro c’è gente seccata di aspettare ma quando i ragazzi salgono sul palco, fin dai primi accordi, il clima si fa rovente. Attaccano con Occhi a spillo per poi proseguire senza sosta con tutti i brani di Gioia Nera, ultima e quinta fatica della band di Pordenone. Calda la chitarra di Gianmaria, potente il basso di Elisabetta ed inquietante la voce di Eva, perché limpida, diafana ed in assoluto contrasto col rock corposo del resto del gruppo. Sempre presenti, soprattutto in pezzi come Più niente, le influenze anni ’80 dei Cure e dei Siouxie miscelati ad una sana tradizione di rock italiano che ricorda i C.S.I., gli Ustmamo’ e gli Elettrojoice. Stare fermi è impossibile, si canta e si balla soprattutto quando i Prozac ripropongono i passati successi come Angelo, Acido Acida, Pastiglie e Legami. Questi ragazzi dal vivo sono indiscutibilmente bravi e trascinanti anche per chi non è un appassionato del genere. Sono loro i primi a divertirsi questa sera e lo trasmettono dal sound e dalle facce sorridenti. I brani sono riprodotti fedelmente come da studio e questo potrebbe far storcere il naso a chi da un live si dovesse aspettare qualcosa di nuovo. Ma il suono resta puro e la vocalist non ammette sbavature.. E quando una band si offre davvero al pubblico, col corpo e con l’anima, sono perdonabili tante cose, molto più che ad alcuni “mostri del rock” che arrivano tardissimo, dopo che magari hai fatto centinaia di kilometri per vederli nell’unica data italiana, e che suonano poco e male per lasciarti come un ebete (almeno me) con le lacrime agli occhi e la delusione nel sangue (vedi i Jane’s Addiction all’Alcatraz di Milano). E’ come paragonare un vinello sincero della casa ad un Sassicaia che sa di tappo. Decidete voi. PROZAC+ IN PILLOLE “Gioia Nera” e’ il quinto album dei Prozac+. Nati quasi dieci anni fa a Pordenone sono tra i migliori rappresentanti della scena rock alternativa italiana. Li incontriamo in una tappa del lungo tour che in questo autunno sta toccando gran parte della nostra penisola . E’ quasi mezzanotte. Siamo al Metatrock di Pisa. Il concerto sta per iniziare abbastanza in ritardo ed io rubo ulteriori minuti preziosi alla gente spazientita riuscendo ad strappare alla band una rapida intervista. I Prozac+ mi aspettano in camerino. Entro, li saluto e chiedo loro di poter fare alcune domande sui testi. Eva ed Elisabetta, rispettivamente la cantante e la bassista, mi indicano Gianmaria, il chitarrista e, suppongo, anche l’autore dei testi. -“Ciao Gianmaria. Partiamo a bomba con un argomento spinoso. In “Ordine e disordine” scrivi “…mi devasto per chiarire…” e “Stonata acustica” esordisce con questa frase “…mi faccio bene solo se mi faccio male…”. Farsi male per sentirsi esistere… -“Mi sembra che sia un problema abbastanza comune non solo nostro”, mi interrompe Gianmaria. -“Va bene e su questo siamo d’accordo, ma secondo te cos’è che ci cancella?”. -“E la massa che ci mangia, quindi ci si fa male per sentirsi in qualche modo vivi.” -“Ed il malessere secondo te è dentro o fuori di noi?” -“Il malessere è insito nell’essere umano. E’ una condizione umana. Il male è storico. In tutte le epoche storiche è esistito il male e noi lo portiamo dentro. E’ che il male di oggi è quello che ti fa scomparire nella massa e allora il farsi male ti fa sentire vivo”. -“Parli del “marcio inconscio”? Quello che ti fa scrivere “sono un’immondizia/puzzo/stai lontana da me/”? -“Si, proprio di quello. Del marcio inconscio.” -“Droga. A parte quelli come William Blake che dell’abuso ne hanno fatto un personale mezzo per aprire le porte della percezione, mi sembra che oggi questo sia un problema ben più dilagante e distruttivo. Senza darne un giudizio morale in proposito non pensi che la cocaina, le pastiglie, l’eroina e quant’altro falcino le gambe alla massa giovanile, quella massa invece positiva, quella forza che può cambiare le cose?”. -“Certo, ma torniamo allo stesso discorso di prima. Ci si fa per sentirsi esistere”. -“Ma tu come uomo…” . -“Uomo, donna, quello che vuoi…”. - Sorridiamo . “No, no, come pare a te. Dicevamo. Per te lo strafarsi, il non pensare quindi il pessimismo è un punto di arrivo o stai cercando ancora delle risposte?”. -“Naturalmente spero che sia soltanto un punto di partenza”. -“A volte mi ricordate i Cure, a volte Siouxie non solo nel sound ma anche nella decostruzione del brano classico”. -“E’ vero. E poi sono legatissimo ai Cure ed ai Siouxie. Amo la loro libertà compositiva e quella degli anni ’80 in generale. Anche nel ‘60 era così. Mi piacciono i pezzi immediati, decostruiti. Non quelle lungaggini degli anni ’70 in cui le canzoni erano interminabili e dispersive”. -“Un piccolo giochino e vi lascio al vostro concerto.Il giochino dei cinque sensi.. Pensando al vostro ultimo album “Gioia nera” suggeritemi una parola per ognuno dei cinque sensi”.. -“O.K.Vai pure.” -“Vista”: -“Nero”. -“Olfatto” : -“Immondizia”. -“Gusto : -“Amaro”. –“Udito” : -“Un larsen”. (Per chi non lo sapesse il larsen è quel fischio che fanno le chitarre elettriche davanti alle casse). –“Tatto” : -“Viscido”. –“Un momento della giornata in cui ascoltarvi?”: -“Tutti. Tutti quelli in cui hai voglia di stare con te stesso…” Paola Capone
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